Esseri umani aumentati - Singola | Storie di scenari e orizzonti
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Brain image | Copyright: USC Stevens Institute for Neuroimaging and Informatics

Esseri umani aumentati

La competizione tra intelligenze artificiali e umani è in corso da decenni, ma il suo esito non è per scontato. Oggi più di ieri.

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Intervista a Mario Rasetti
di Giuseppe Luca Scaffidi
Mario Rasetti

è Professore Emerito di Fisica Teorica al Politecnico di Torino, Presidente della Fondazione ISI, Consigliere della Commissione Europea. Ha vinto il premio Majorana 2011 per la fisica dei campi e la medaglia Volta. Si occupa principalmente di meccanica statistica, informazione, computazione quantistica e Big Data.

Giuseppe Luca Scaffidi

si interessa di città, ecologia e libri. Suoi testi sono stati pubblicati su alcune riviste, tra cui Not, Il Tascabile, The Submarine, menelique, Jacobin, Dinamopress e The Vision. Ha collaborato con la sezione Tuttogreen de La Stampa e, attualmente, scrive soprattutto su queste pagine e sul blog di Kobo.

Lo scorso 22 marzo, oltre 20mila lavoratori della filiera italiana di Amazon hanno aderito allo sciopero indetto dalle sigle sindacali Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. Secondo le stime, la mobilitazione ha coinvolto un esercito di 9.500 addetti al magazzino e 15 mila driver. La serrata è stata disposta dopo che la trattativa per la contrattazione di secondo livello si è interrotta bruscamente a causa dell’indisponibilità, da parte del gruppo americano, ad affrontare positivamente le tematiche poste dal sindacato. Anche se le rivendicazioni dei lavoratori sono composite – dalla verifica dei carichi di lavoro alla contrattazione dei turni, fino al corretto inquadramento professionale del personale e alla riduzione dell’orario di lavoro dei driver – nel mirino dei sindacati è posto soprattutto l’algoritmo che monitora i ritmi di lavoro e la produttività di driver e magazzinieri.

Lo sciopero ha proiettato nuovamente al centro del dibattito pubblico il tema dell’impiego dell’Intelligenza Artificiale a fini di estrazione di plusvalore da due fonti imprescindibili per gli appetiti del capitalismo immateriali: i muscoli dei lavoratori della gig economy da un lato e i desideri dei consumatori dall’altro. Nonostante alcune degenerazioni  - come nel caso degli algoritmi utilizzati per i modelli di gestione e pianificazione delle spese sanitarie negli Stati Uniti, spesso rivelatesi discriminatori a discapito dei pazienti di origine africana - l'IA non rappresenta, di per sé, uno strumento escludente; il problema semmai è che, come tutti i prodotti umani, non è a riparo dai pregiudizi di chi la progetta. Di macchine intelligenti, algoritmi e prospettive future abbiamo discusso con Mario Rasetti, matematico, fisico e ingegnere nucleare, Professore Emerito di Fisica Teorica del Politecnico di Torino e Presidente dellInstitute for Scientific Interchange, conosciuto anche come Fondazione ISI, centro di ricerca privato che si occupa principalmente dello studio dei sistemi complessi.

Giuseppe Luca Scaffidi: Come definirebbe lo spirito del tempo della nostra epoca, caratterizzata da una connettività, un accesso alla conoscenza e una disintermediazione senza precedenti?

Mario Rasetti: Siamo nel mezzo di una rivoluzione digitale dalle dimensioni inimmaginabili. In un solo anno, il 2016, abbiamo prodotto tanti dati quanti ne ha prodotti l'umanità nella sua intera storia. Il carattere di eccezionalità dell’epoca che stiamo vivendo può essere facilmente desunto dall’analisi di alcune evidenze a nostra disposizione: nel solo 2020 sono stati generati dati pari a 6.000 miliardi di gigabyte (tanto per rendere conto delle proporzioni, è come se avessimo scritto un romanzo delle dimensioni di Guerra e Pace per 323 miliardi di volte); questo numero cresce esponenzialmente. Non dovesse bastare, si valuta che, nell’arco di soli tre anni, 2.000 miliardi di nuovi dispositivi entreranno in rete assieme agli umani. Oggi, il numero di abitanti sulla terra è di circa 7.9 miliardi, di cui almeno 5.3 dotati di un cellulare, che non è più un bene di lusso appannaggio di poche persone facoltose, ma un oggetto indispensabile, capace di consentire un accesso alla conoscenza e alle informazioni precedentemente inusitato. Avere a portata di mano una connettività di più di 5 miliardi di persone è uno scenario inedito nella storia della nostra specie. Queste rilevazioni confermano che stiamo vivendo in una società profondamente diversa da quelle che ci hanno preceduto: la sociologia del futuro non si occuperà dello studio di una società di esseri umani, dato che abbiamo cessato da tempo di essere semplici animali della specie homo che vivono insieme; siamo, piuttosto, degli esseri umani “aumentati”, aumentati dalla costante interazione con dispositivi elettronici. Un legame che diventa sempre più indissolubile man mano che ci addentriamo nella Internet of Things, accompagnati da miliardi di dispositivi che sono sempre con noi, catturano informazioni e comunicano tra loro. Questa transizione richiede tutta una serie di ripensamenti fondamentali, mutazioni che investiranno la totalità delle nostre modalità di formazione, a partire dall’etica e dalla formazione scolastica. Tuttavia, queste esigenze adattive non devono farci paura: siamo nell’anticamera di un cambiamento radicale del consesso sociale, e dobbiamo inventarci nuovi paradigmi. Rientra nella normalità delle cose.

Il prof. Mario Rasetti.

Il prof. Mario Rasetti.

GLS - L’opinione pubblica è piuttosto diffidente nei confronti dell’intelligenza artificiale: nel sentire comune, si teme che l’avvento dell’automazione possa produrre come esito l’obsolescenza di svariate mansioni umane. Quanto dobbiamo preoccuparci della sostituzione tecnologica?

MR - La questione presenta diversi punti di interesse. L’elenco dei lavori che, in breve tempo, potrebbero cedere il passo all’automazione è piuttosto esteso e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non comprende soltanto quelli manuali: ad esempio, un mio ex studente che lavora per JP Morgan ha collaborato alla creazione di COiN (COntract INtelligence), una macchina intelligente che sfrutta il machine learning per automatizzare la revisione dei documenti nel settore del credito. La particolarità di COiN risiede nel fatto che il sistema utilizza l’apprendimento automatico sulla base di input che è in grado di organizzare autonomamente. La macchina conosce tutto dei clienti, dai gusti sessuali al credo religioso, oltre ovviamente alle abitudini di vita e alla storia finanziaria, riuscendo ad analizzare in pochi secondi un numero di contratti che, diversamente, richiederebbe fino a 360mila ore-uomo e comporterebbe un numero maggiore di errori a causa dell’elevata presenza di dati. L’esempio di COiN è indicativo di come la categoria dei bancari e, più in generale, i lavori di front desk siano fortemente a rischio, così come altre categorie apparentemente impensabili, come i radiologi: l’IA permette di valutare radiografie, tac e risonanze magnetiche in maniera molto più affidabile di un essere umano. Anche il giornalismo dovrà attivare i giusti anticorpi per adeguarsi alle trasformazioni in atto: oggi, almeno il 30% delle notizie che legge sui giornali sono scritte da una macchina, in particolare gli articoli brevi modellati sullo stampo dei lanci d’agenzia. Bisogna monitorare minuziosamente l’evoluzione di tali processi.

GLS - Date queste premesse, l’implementazione dell’IA creerà nuovi posti di lavoro o, viceversa, rappresenterà l’anticamera di un’ondata di disoccupazione difficile da sanare?

MR - Anche se, oggi, la narrazione più diffusa racconta che le macchine intelligenti prenderanno il dominio sugli uomini costringendoli alla disoccupazione, la realtà è decisamente più complessa: l’intelligenza artificiale, come tutte le tecnologie, alzerà sensibilmente l’asticella delle competenze; va da sé che una società che adopera macchine sempre più sofisticate avrà bisogno, giocoforza, di una forza-lavoro più numerosa e specializzata. Naturalmente, questa forza-lavoro sarà composta da figure estremamente qualificate, che dovranno essere in grado di mantenere standard di efficienza elevati e garantire una supervisione adeguata di queste tecnologie.


GLS -
 Il recente sciopero della filiera italiana di Amazon ha unito diverse figure – dagli addetti allo smistamento e stoccaggio nei magazzini ai drivers, fino agli addetti alla sicurezza – in un rifiuto complessivo delle condizioni di lavoro imposte dall’algoritmo che, a detta dei sindacati, governa il lavoro di queste migliaia di persone senza tenere conto né dell’aspetto contrattuale né di quello umano della produzione, che poi è quello che fa la differenza in termini qualitativi. Come è possibile ovviare a queste criticità?

MR - Amazon, come tutte le multinazionali, pianifica la propria distribuzione attraverso l’impiego di algoritmi volti a ottimizzare l’efficienza della propria forza-lavoro. L’intelligenza artificiale, da sola, non potrà essere in grado di garantire delle condizioni lavorative migliori per i lavoratori della gig economy. Ecco perché, nel lungo percorso verso la regolarizzazione del nuovo precariato digitale, il contributo umano continuerà a ricoprire un ruolo cruciale: nel caso di queste professioni, il problema principale concerne la mancanza di una normativa stringente e di una rappresentanza sindacale adeguata. Allo stato attuale, la condizione dei corrieri di Amazon – ma un discorso simile potrebbe essere applicato anche ai rider delle consegne a domicilio – è al confine della tollerabilità etica. Chi difende i diritti di questa categoria di lavoratori dovrebbe impegnarsi per imporre al sistema delle tipologie di contratto scritte ad hoc, che possano tutelarli e impedire, ad esempio, che chi deve far consegne entro un termine stabilito non possa sostare qualche minuto per andare in bagno o trovare un minimo di ristoro.

GLS - Per anni, la distopia del dominio dell’intelligenza artificiale su quella umana ha rappresentato un topos narrativo privilegiato della fantascienza. Uno scenario simile è ancora ben lungi dall’avverarsi?

MR - Il lavoro che portiamo avanti in ISI presenta diversi spunti interessanti in tal senso: stiamo ibridando le ricerche sulle neuroscienze con quelle sull’Intelligenza Artificiale. Il nostro obiettivo è quello di comprendere se i processi cognitivi, logici e emozionali tipici degli esseri umani possano essere trasferiti alle macchine. Tuttavia, anche se l’IA è un mio interesse di ricerca, non credo che soppianterà mai l’intelligenza umana; se mai dovesse riuscirci, lo farà soltanto perché noi non saremo capaci di sfruttare a sufficienza il nostro cervello, che rappresenta, ancora oggi, la forma di intelligenza più sorprendente che mi venga in mente: pesa poco più di un chilo e opera con soli 20 watt di potenza, ma possiede una capacità di calcolo straordinaria e riesce a portare a compimento operazioni di una portata inimmaginabile grazie alla sua capacità di usare in ogni istante solo quella frazione di neuroni che gli serve per eseguire un determinato compito (sparse coding). Uno dei miei ultimi lavori è stata una collaborazione con un gruppo di neuroscienziati di Berkley: ci siamo occupati di realizzare una mappa semantica del cervello. Si tratta di uno strumento che, per ogni parola pronunciata in una data lingua (nel nostro caso abbiamo impiegato l’inglese, lo spagnolo e il mongolo, una lingua totalmente sconnessa dalle altre due) è in grado di stabilire quale zona della corteccia cerebrale viene sollecitata; ebbene, soltanto sulla mappa semantica, che ha una funzione secondaria, e non parliamo di semiotica, il numero di configurazioni di stati che il cervello è in grado di comporre è un composto da 700 cifre. Non esiste nessuna macchina di Touring in grado di realizzare operazioni del genere (e, per chiarirci, tutti i computer che abbiamo a disposizione sono implementati sulla macchina di Touring). In sintesi, esistono dei problemi che nessun computer al mondo riesce a risolvere. Perciò chiunque vi dica che l’intelligenza artificiale prenderà il sopravvento e che sia perfettamente in grado di simulare un cervello umano, è ben lontano dalla verità: il machine learning è soltanto un primo, timido, passo compiuto dall’Intelligenza Artificiale, che ha poco a che fare con l’intelligenza umana.

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Mario Rasetti

è Professore Emerito di Fisica Teorica al Politecnico di Torino, Presidente della Fondazione ISI, Consigliere della Commissione Europea. Ha vinto il premio Majorana 2011 per la fisica dei campi e la medaglia Volta. Si occupa principalmente di meccanica statistica, informazione, computazione quantistica e Big Data.

Giuseppe Luca Scaffidi

si interessa di città, ecologia e libri. Suoi testi sono stati pubblicati su alcune riviste, tra cui Not, Il Tascabile, The Submarine, menelique, Jacobin, Dinamopress e The Vision. Ha collaborato con la sezione Tuttogreen de La Stampa e, attualmente, scrive soprattutto su queste pagine e sul blog di Kobo.

Pubblicato:
31-05-2021
Ultima modifica:
09-06-2021
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